venerdì 10 ottobre 2008

60 mila precari rischiano il posto

Nel pubblico impiego, che si avvia rapidamente allo sciopero generale, si fa sempre più pesante la situazione dei lavoratori precari. La loro quota è salita del 62 per cento in appena un lustro, dal 2001 al 2006: anno, quest’ultimo, nel corso del quale le amministrazioni hanno stipulato contratti a tempo determinato e atipici per un totale, rispettivamente, di più di 127.000 e di circa 47.000 unità. Il crescente ricorso alle tipologie di lavoro flessibile, che si è accompagnato – a partire dal 2001 – a una diminuzione di personale a tempo indeterminato pari al 5,4 per cento, trova una sua spiegazione nella necessità di far fronte “a esigenze non di carattere temporaneo, ma connesse con il fabbisogno ordinario e continuativo dell’amministrazione”. A rilevarlo non sono le organizzazioni di categoria di Cgil, Cisl e Uil, e nemmeno il portavoce di una delle tante e agguerrite associazioni di base presenti tra gli addetti di ministeri, ospedali ed enti non economici. A snocciolare stime, dati e a dire la sua sui (discutibili) criteri di utilizzo del precariato nel settore statale è nientemeno che il ministro Renato Brunetta (lo ha fatto lo scorso 1° ottobre, con la sua relazione al Parlamento sullo stato della pubblica amministrazione). Peccato che a queste sue (condivisibili) osservazioni, il principale inquilino di Palazzo Vidoni non faccia seguire comportamenti conseguenti.

“Il ministro della Funzione pubblica – commenta Michele Gentile, responsabile settori pubblici della Cgil nazionale – è riuscito ancora una volta a contraddire se stesso. Da un lato, ammette implicitamente l’utilità dei lavoratori precari impiegati nel settore, che noi sosteniamo da tempo essenziali nel tenere in piedi alcuni dei più importanti pubblici servizi e che coerentemente riteniamo debbano essere assunti al più presto. E dall’altro, mediante l’emendamento alla Finanziaria, conosciuto come ‘ammazza precari’, sta organizzando il licenziamento di 50–60.000 addetti con contratti instabili”.

La nuova misura (la cui entrata in vigore il governo ha deciso, lo scorso 30 settembre, di rinviare di sei mesi) abroga l'enorme del governo Prodi sul precariato, in base alle quali chi aveva fatto negli ultimi cinque anni tre di lavoro, anche discontinuo, nella pubblica amministrazione, poteva accedere a prove selettive d’idoneità per essere assunto. Ma non è tutto. “Il provvedimento di Brunetta – chiarisce Mimmo Pantaleo, segretario generale della Flc Cgil –, se unito a quanto previsto dalla legge 112 dell’estate scorsa, relativamente al limite a 36 mesi della possibilità di operare nella pubblica amministrazione con contratti flessibili, potrebbe far lievitare addirittura a più di 100.000 il numero dei lavoratori precari licenziati”.

Se approvato, l’emendamento con cui il governo intende abrogare le norme sulla stabilizzazione, metterebbe in ginocchio l’intero sistema pubblico: dal personale degli asili nido agli impiegati dei dicasteri, agli universitari e i ricercatori . “In questo momento – spiega ancora Pantaleo – sono già in mobilitazione i 500 precari dell’Isfol, dove tutte le attività sono bloccate, gli oltre 700 dell’Istituto per la protezione e la ricerca ambientale e i 400 dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. Per anni migliaia di ricercatori, tecnici, amministrativi, hanno lavorato in condizioni difficilissime, garantendo al sistema pubblico della ricerca e dell’università di funzionare, comparti dove il 50 per cento del personale è precario”. E un primo assaggio della mobilitazione che potrebbe coinvolgere nei prossimi mesi le migliaia di lavoratori pubblici interessati alla norma del ministro Brunetta si è avuto lo scorso 2 ottobre, con il riuscitissimo presidio unitario indetto da un variegato universo di sigle sindacali di categoria (soprattutto confederali), che si è tenuto davanti a Palazzo Vidoni e a cui hanno partecipato tantissimi addetti degli enti pubblici di ricerca, delle università e degli istituti dell’Alta formazione artistica e musicale.

Tratto da Rassegna

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