domenica 30 novembre 2008

Social card, solo obiezioni ideologiche?

La prima questione riguarda i destinatari della carta e soprattutto i criteri per individuarli: anziani e famiglie con bambini con Isee non superiore a 6.000 euro, dice il provvedimento annunciato dal governo. “Gli ultimi degli ultimi”, ha spiegato il ministro Sacconi, “quelli di cui – ha aggiunto – non si era mai occupato nessuno”. Il fatto è che individuare, e in un lasso di tempo così breve, chi siano gli ultimi i cui tratti rientrino nel profilo disegnato dal “riccometro”, non è una operazione agevole come le numerose analisi sugli effetti equitativi dell’applicazione di questo misuratore (introdotto dal primo governo Prodi) hanno ampiamente dimostrato. Il rischio, denunciato da molti amministratori e funzionari degli assessorati sociali degli enti locali che hanno adottato il sistema, è di ammettere al godimento del beneficio chi non ne ha bisogno: chi dichiara dati di reddito e di patrimonio non veritieri, ma anche chi – ne chiarisce il perché Raffaele Tangorra in uno dei saggi sul decennale della commissione Onofri (La riforma del Welfare, Il Mulino, 2008) – per il gioco delle franchigie sul patrimonio e per il meccanismo delle esenzioni si vede attribuiti valori Isee inferiori all’effettiva consistenza della sua situazione economica. Bisogna stare attenti. Quando si erogano prestazioni sociali universali e selettive, di qualunque tipo esse siano, senza che a queste si accompagni una qualche forma di controprestazione che motivi, o legittimi, la meritevolezza di chi le riceve, l’effetto che si consegue è contrario a quello che si vuole: si punta alla coesione sociale e si ottiene la frantumazione delle comunità; si cerca di innescare meccanismi di solidarietà e si determinano invidia e astiosità sociale. Per superare l’obiezione è pertanto indispensabile l’esercizio di un controllo attento sul possesso dei requisiti che rinvia a un apparato amministrativo (e a un costo) da predisporre con una cura che, stando alle informazioni di cui disponiamo, non pare sia quella dimostrata nell’occasione dal governo.

La seconda questione, di cui si è parlato (da segnalare l’efficacissima e bruciante indignazione di Massimo Gramellini su La Stampa) ma su cui è utile tornare più distesamente, è quella che possiamo definire dello stigma sociale connesso all’utilizzazione della Carta; ciò che essa comporta in termini di rappresentazione sociale di se stessi e della propria esistenza ogni qual volta se ne faccia esibizione ed uso, in un supermercato per acquistare un pacco di pasta o in un ufficio postale per pagare la bolletta elettrica o del gas. È come se ogni volta, hanno notato da sempre i sociologi attenti a implicazioni di tale natura, quest’atto di ostentazione della propria povertà si accompagnasse a un’ammissione di sconfitta, all’esplicita dichiarazione di una propria insufficienza, sollecitando il temuto, pubblico, riecheggiamento del rancoroso rimbrotto di Pinocchio al gatto e alla volpe “se siete poveri ve lo meritate”. Lo stigma, appunto, che gli studiosi americani hanno osservato nell’esperienza del food stamp, e che è un elemento da non trascurare quando si intenda valutare con serietà e senza pregiudizi ideologici l’efficacia del mezzo prescelto e la sua congruità rispetto agli obiettivi che ci si propone di raggiungere. Negli Stati Uniti (lo rileva uno studio del 2002, citato da Luca Beltrametti nel suo essenziale Vouchers. Presupposti, usi, abusi, Il Mulino, 2004) “il tasso medio di partecipazione”, e cioè il rapporto tra numero dei beneficiari del programma e numero dei potenziali aventi diritto era a fine 2000 pari al 59%, con valori oscillanti tra Stato e Stato compresi tra il 50 e il 70%. C’è dunque chi rifiuta lo stigma, pur essendo povero (fenomeno, del resto, già noto nel medioevo dove forse pudori di tal fatta erano meno sollecitati dal contesto sociale) ed è disposto a pagare un prezzo al rispetto che ha il diritto di pretendejavascript:void(0)re dagli altri.

tratto da rassegna

sabato 29 novembre 2008

Storie di Casa Nostra 3 ( L’Unione Comunale)

Storie di Casa Nostra 3 ( L’Unione Comunale)
o
o l’Esecutivo comunale


Dice lo Statuto (in discussione) del Partito Democratico della Regione Marche che “ l’Unione Comunale esprime la politica unitaria del Partito Democratico nel proprio ambito territoriale comunale, quando sono costituiti più Circoli Territoriali”. E’ il caso d’Ancona, ritengo che questa affermazione consentirà un’attività programmatica forte ed una profonda accelerazione verso un’azione progettuale partecipata. Lo Statuto dice, inoltre, che l’Unione Comunale “ è dotata d’autonomia politica, programmatica, organizzativa e finanziaria” e continua affermando che i suoi organismi dirigenti sono:
o l’Assemblea comunale;
o il Segretario dell’Unione Comunale il Tesoriere;
o la Commissione di Garanzia
Innanzitutto si nota che tutta la questione relativa alle modalità di elezione viene rinviata al Regolamento elettorale, speriamo bene, ma la cosa più preoccupante e che sono assenti le funzioni dell’Assemblea Comunale , Cosa devono fare i membri che costituiscono questo organismo ? Non è ancora dato sapere, speriamo che abbiano un ruolo più deciso e più attivo rispetto a quanto accade ora . Infatti come sapete attualmente esiste l’ Assemblea Comunale che si riunisce raramente e senza un vero e proprio calendario politico, Non ha mai discusso realmente nessuna iniziativa programmatica e non ha mai preso nessuna decisione, finora, ma c’è ancora molto tempo davanti a noi. Eppure la politica cittadina ha avuto ed ha numerosi motivi di discussione e se necessario di votazioni. La risposta sarà sicuramente nel fatto che si sta aspettando la conclusione delle iniziative dello Staff e dei vari Pensatoi. Finché c’è vita c’è speranza! Nel nostro partito, infatti, non c’è più spazio alle iniziative tra “vecchi amici” ed il percorso che abbiamo iniziato ed in cui noi tutti crediamo vede la partecipazione popolare come strumento fondamentale dell’iniziativa politica.

Gianfranco Leonelli

venerdì 28 novembre 2008

La ricetta di Berlusconi non basta

Le banche sono a posto, i lavoratori no, specialmente i precari. Per i poveri-poveri una social card, un bancomat della miseria con una “dote di 120 euro", che un entusiasta

mercoledì 26 novembre 2008

Salari, calo globale: nel 2009 -0,5%

Anche l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Ilo), lancia l’allarme sui salari. In un rapporto pubblicato il 25 novembre (titolo: Global Wage Report 2008/09), l’Ilo stima che la crisi economica globale porterà tagli salariali per milioni di lavoratori in tutto il mondo il prossimo anno. Sulla base degli ultimi dati del FMI, la previsione dell’Ilo è che la crescita globale dei salari reali raggiungerà nella migliore delle ipotesi l’1,1 per cento nel 2009, rispetto all’1,7 per cento del 2008, ma ci si aspetta una riduzione dei salari in numerosi paesi, comprese le principali economie. Nel complesso, la crescita dei salari nei paesi industrializzati dovrebbe scendere da +0,8 per cento del 2008 a -0,5 per cento del 2009.

tratto da rassegna

Storie di Casa Nostra 2 ( I Circoli Territoriali)

Quando si costruisce un Partito, acquista una importanza fondamentale la definizione del suo statuto. Infatti attraverso esso si definiscono le "regole" a cui si deve far riferimento per la scelta dei ruoli, delle rappresentanze e delle deleghe, in altre parole le modalità attraverso le quali si darà corpo agli obiettivi prefissati sia valoriali che politici. Per esempio se si vuole favorire la rappresentanza femminile si stabilisce che devono essere previste pari quote tra uomini e donne all'interno di tutti gli organismi e liste elettorali. Analogamente, se si vuole procedere verso il ricambio politico, si stabiliscono meccanismi di "eleggibilità" per le candidature e gli incarichi ad ogni livello interno e per ogni ambito istituzionale che in maniera trasparente, inequivocabile e reale consentano la partecipazione di nuovo personale politico limitando la possibilità di ricandidatura dei "soliti", si fa, in altre parole, una forzatura delle regole per favorire il raggiungimento di questo obiettivo.

Ora proviamo a verificare se la bozza dello Statuto Del Partito Democratico delle Marche è finalizzato al raggiungimento degli obiettivi politici prefissati e da tutti condivisi, approfondendo, per ora,il seguente aspetto:
• la struttura del partito, in tutte le sue articolazioni ed autonomie è effettivamente "federale" ? In altre parole, i ruoli, le responsabilità e le competenze dei livelli operativi ( i Circoli territoriali, l'Unione Comunale, il Coordinamento Provinciale, l'Unione Regionale, il Livello Nazionale) e dei loro Segretari, tendono a favorire la costruzione dei processi politici ( fatti di analisi, di scelte, di decisioni, di azioni, di autonomie, di competenze e di verifiche) necessari per posizionare, correttamente, il baricentro dell'azione politica verso i cittadini, nella ricerca , attraverso il confronto, di un consenso partecipato?
Se si prova ad analizzare la struttura dei Circolo Territoriali (art. 4 della bozza sopra riportata)si nota che:
o le "deleghe" di competenza non appaiono definite
o le funzioni territoriali appaiono troppo generiche
o i motivi reali per riunirsi appaiono troppo burocratici ( nomine di rappresentanti e poco altro) e perfino nel caso delle scelte dei candidati il loro ruolo è esclusivamente "indicativo", in altre parole pleonastico
Al contrario, ritengo, che si dovrebbe caratterizzare il ruolo dei Circoli come strumento per il radicamento del partito nei confronti del territorio, affidando loro il compito di :
o individuazione e rappresentanza dei fabbisogni locali , elaborazione degli indirizzi politici conseguenti e monitoraggio della efficacia dei processi. amministrativi e politici attuati ai vari livelli gerarchici ( Comune, Provincia, Regione e Stato Centrale).
o rappresentanza politica autonoma e sinergica delle principali tematiche territoriali di competenza (piano regolatore, servizi pubblici, scelta dei candidati , politiche ambientali, ecc),

Gianfranco Leonelli

lunedì 24 novembre 2008

Scuola, è scontro sui finanziamenti agli edifici

di Maurizio Minnucci

Per il premier, il crollo del liceo di Rivoli costato la vita a uno studente di 17 anni, “è stata una fatalità”. Ma ora tutti si chiedono se la tragedia poteva essere evitata. A partire dal capo della Protezione Civile Guido Bertolaso: “Per la sicurezza delle scuole – dice in un’intervista alla Stampa – il governo Berlusconi aveva stanziato 500 milioni nel 2003, dopo la tragedia di San Giuliano. Ebbene, devono ancora spenderli”. A sei anni da quel 31 ottobre (quando un terremoto provocò la morte di 27 bambini in una scuola) e dopo la nuova tragedia di sabato scorso a Torino, Bertolaso invoca “regolamenti chiari, situazioni nette e procedure veloci, degne di un paese moderno. Basterebbe questo. In ogni Regione ci dev’essere un responsabile, che si faccia carico di tutto, anche delle spese”.

Tratto da Rassegna

venerdì 21 novembre 2008

Crisi: Fmi, in Italia cresceranno difficoltà, servono azioni immediate

L’economia italiana sta per essere sempre più colpita dalla crisi finanziaria globale, l'eventuale recupero sarà probabilmente più lento e debole. Per questo sono necessarie azioni nel breve termine per contrastarne gli effetti”. A dirlo è il Fondo monetario internazionale al termine della missione degli ispettori di Washington fatta nel nostro paese. “La capacità della economia di riprendersi – si legge nel documento del Fmi – sarà rallentata da rigidità strutturali, mancanza di competitività interna, dalla lentezza dei processi di ristrutturazione e dalla contenuta risposta sul fronte fiscale”.

mercoledì 19 novembre 2008

La scomparsa dei giornalisti (e dei giornali)

Due anni fa Marco Travaglio pubblicava un bel libro che si intitolava “La scomparsa dei fatti”. Ora è tempo di scriverne un altro: “La scomparsa dei giornalisti”. Perché quello che sta succedendo adesso è che non sono solo le notizie ad essere omesse dai giornali, ma gradualmente gli stessi giornalisti. È un terribile circolo vizioso: certi giornali a volte non raccontano la verità, la gente li compra sempre meno, i giornalisti sono sempre più a rischio e quindi finiscono per passare le veline, la versione edulcorata della realtà, attualmente a uso e consumo di Berlusconi and Co. Per far ciò - gli editori lo sanno bene - basta uno stagista. Senza nulla togliere allo stagista, che magari è più motivato e capace di tanti vecchi colleghi che popolano le redazioni.

lunedì 17 novembre 2008

Piano anticrisi, Tremonti atteso al varco

Risorse già stanziate o un new deal tremontiano? Gioco delle tre carte o un serio intervento anticrisi e per la crescita? La domanda serpeggia da un paio di giorni, vale a dire da quando il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, a margine del G20 di Washington, ha annunciato lo stanziamento di circa 80 miliardi in infrastrutture per risollevare l’economia italiana. Opere pubbliche, dal Pd (Pierluigi Bersani) si fa notare che gran parte di questo intervento riguarda risorse già stanziate, bloccate e adesso nuovamente sbloccate. Dunque non soldi nuovi ma gli stessi, nascosti sotto una delle tre carte.

Un grembiulino non ci salverà

Viviamo in un paese smarrito che assiste attonito al reality del Cavaliere e del Governo senza trovare le parole. Il vero vuoto non sono le manifestazioni di oggi o domani. È il vuoto del pensiero, della parola, dello scatto morale che diventa significato. Il Paese si perde nelle grandi e piccole cose. Succede anche a scuola.

Diritto allo studio per disabili gravissimi: appello a Napolitano

Sono genitori, ma anche cittadini, insegnanti, esponenti di associazioni di volontario e di cooperative sociali, operatori culturali e sociali, specialisti dell'educazione: sono loro a firmare l'appello dell'Osservatorio sulla legalità e sui diritti Onlus che, da pochi giorni, ha lanciato una petizione diretta al Capo dello Stato e al Ministro dell'Istruzione per il ripristino del sostegno scolastico "Uno a Uno" per gli alunni con disabilità grave.

Orario di lavoro. Una prima vittoria

La Commissione occupazione e affari sociali della Ue ha bocciato la direttiva che voleva alzare l'orario di lavoro a 65 ore. In nessun paese dell'Unione si potrà lavorare più di 48 ore a settimana. Una decisione che sostiene le richieste avanzate dalla Confederazione Europea dei sindacati che ha pubblicato immediatamente sul proprio sito le reazioni alla decisione. Una prima vittoria per il sindacato di John Monks che ha commentato: “Non possiamo che dare il benvenuto a questo voto che rappresenta una conquista importante su questo tema. A questo punto non ci resta che chiedere al Parlamento europeo di adottare una posizione ferma nel voto plenario che si terrà il prossimo 17 dicembre”. Il giorno prima la manifestazione della CES a Strasburgo.

domenica 16 novembre 2008

Storie di casa nostra

In questo momento in cui si stanno definendo le regole costitutive del nostro partito ( regolamento regionale, ruolo degli organismi di rappresentanza,, ecc) ritengo fondamentale proporre una riunione urgente del direttivo in cui si parli dello stato del partito anconetano, di chi fa cosa, del regolamento del partito regionale, del ruolo dei circoli, del ruolo dei direttivi e di tutti gli organi liberamente eletti dalle primarie che sarebbero dovuti essere il marchio identificativo della novità del nostro partito ed invece, rischiano di diventare la coperta ipocrita di un dibattito politico che viene fatto all'esterno di questi organismi,figli delle primarie, e limitarsi esclusivamente all'interno degli staff e dei pensatoi da cui non sembra uscire nulla di concreto. Credo che i Circoli abbiano il diritto di discutere e di dire la loro sui temi della politica cittadina, regionale e nazionale e non possono diventare la manovalanza delle scelte degli altri.



Gianfranco Leonelli

venerdì 14 novembre 2008

Camera, quattro mozioni per il potere d'acquisto

Nell'illustrare la mozione 1-0034, l'on. Damiano ha in primo luogo sottolineato che su un tema cruciale come quello del potere d'acquisto delle famiglie italiane, riguardante le retribuzioni e, in particolare, le pensioni, si registra la sostanziale latitanza del Governo, malgrado le promesse elettorali. In un preoccupante contesto di recessione, infatti, oltre 14 milioni di lavoratori italiani guadagnano meno di 1.300 euro netti al mese: secondo l'ultima indagine dell'Istat sulla condizione economica delle famiglie, il 14,6 % arriva con grande difficoltà a fine mese, il 28 % non riesce a far fronte a una spesa imprevista, il 9 % è in arretrato nel pagamento delle bollette, il 10 % non riscalda adeguatamente la casa, il 4 % non ha soldi per le spese alimentari, il 10 % non ha risorse per le spese mediche, il 16 % non ha risorse per le spese per l'abbigliamento.

giovedì 13 novembre 2008

Istat, italiani poveri e insoddisfatti

La crisi c’era già. Ben prima che la bolla dei mercati finanziari esplodesse, e molto in anticipo rispetto al crollo delle borse e al crac dell'industria internazionale. Le famiglie italiane avvertivano un sostanziale difficoltà economica da un bel pezzo, senza che i giornali titolassero a nove colonne sui rischi che corre la finanza globale. Il tutto emerge dall'Annuario Istat 2008, che fotografa il Paese nelle sue mille sfaccettature, dal costume alla giustizia, dal lavoro all'ambiente. Ebbene nel 2007 ben il 53,7% (con una punta del 64,2% nel Mezzogiorno) si dichiarava insoddisfatto della propria situazione economica.

lunedì 10 novembre 2008

Lavoratrici italiane: le più discriminate in Europa

La Commissione lavoro, previdenza sociale del Senato segnala l’alto numero di procedure di infrazione promosse dalla Ue nei confronti dell’Italia, in materia di attuazione delle pari opportunità e della parità di trattamento in materia di occupazione
Attività della Commissione lavoro, previdenza sociale del Senato
E’ ripresa nella seduta di mercoledì 5 novembre la trattazione congiunta, in sede consultiva, (parere alla 14° Commissione permanente, per le politiche dell’Unione europea), del disegno di legge n. 1078 (Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2008) e del Doc. LXXXVII, n. 1 (Relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea relativa all'anno 2007).

Intervenendo nella discussione, la sen. Blazina (PD) ha segnalato il numero particolarmente rilevante delle procedure di infrazione promosse nei confronti dello Stato italiano, quale risulta dalla lettura della Relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea e si è soffermata poi sull’articolo 8 del disegno di legge comunitaria 2008, che contiene una delega al Governo per il recepimento della direttiva 2006/54/CE, in materia di attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento tra uomini e donne in materia di occupazione e di impiego. Il sollecito recepimento di questa direttiva, secondo la sen. Blazina, si rivela tanto più necessario se si considera che l’Italia si trova agli ultimi posti con riferimento alle misure poste in essere nei paesi dell’Unione in ordine alle garanzie e alle tutele in tema di parità tra i sessi. Secondo la sen. Blazina, peraltro, mentre il Parlamento italiano si accinge ad approvare il disegno di legge n. 1078, il Governo sembra muoversi in direzione opposta, come dimostrano la diminuzione dei servizi a supporto delle donne lavoratrici, derivante dall’abolizione dell’ICI, le misure contenute nel decreto-legge n. 137 del 2008, che limita le prestazioni fornite dalle scuole d’infanzia, ed il disegno di legge n. 1167, che contiene disposizioni che penalizzano i lavoratori che assistano familiari con gravi disabilità.

Dopo che il presidente Giuliano è intervenuto per richiamare l’attenzione della Commissione sui profili inerenti alla sicurezza del lavoro contenuti nel disegno di legge comunitaria, la sen. Carlino (IdV) ha fatto riferimento al numero particolarmente elevato (181, delle quali 30 per mancata attuazione di direttive e ben 12 in materia di lavoro) di procedure di infrazione a carico dell’Italia, e, riferendosi all’articolo 8 del disegno di legge n. 1078, ha sottolineato che il termine ultimo del 15 agosto 2009 menzionato nella direttiva 2006/54/CE concerne l’entrata in vigore dell’atto di recepimento, mentre nel disegno di legge comunitaria la medesima data è posta con riferimento all’emanazione del decreto legislativo, differendo così nel tempo la concreta attuazione della direttiva.

L’esame proseguirà la prossima settimana.

Nella stessa seduta di mercoledì 5 novembre è proseguito l’esame congiunto dei disegni di legge n. 392, Misure per il riconoscimento di diritti alle persone sordocieche, d’iniziativa del sen. Bassoli e di altri senatori, n. 550, Norme per il riconoscimento della sordocecità quale disabilità unica, d’iniziativa del sen. Costa e n. 918, Riconoscimento dei diritti delle persone sordo – cieche d’iniziativa del sen. Nessa e di altri senatori.

Al momento la Commissione è in attesa del parere della Commissione bilancio sullo schema di testo unificato predisposto dalla relatrice, sen. Biondelli (PD), e sugli emendamenti ad esso riferiti.

Nelle more dell’espressione di tale parere, la relatrice ha riferito sugli incontri di carattere informale tenuti con le Associazioni interessate, che hanno espresso apprezzamento e condivisione nei confronti del testo unificato, offrendo un ulteriore motivazione all’auspicio di una sollecita conclusione dell’iter parlamentare.

La Commissione ha quindi accolto all’unanimità la proposta formulata dal presidente Giuliano, di richiedere al Governo la trasmissione di una relazione tecnica, di quantificazione degli oneri finanziari derivanti dall’applicazione delle norme in esame, come previsto dall’art. 76-bis, comma 3, del Regolamento del Senato.
L’esame proseguirà la prossima settimana.

Nella stessa seduta, è proseguito l’esame del disegno di legge n. 406, d’iniziativa della sen. Mongiello, recante modifiche alla legge 29 marzo 1985, n. 113, concernente l'albo professionale nazionale dei centralinisti telefonici e degli operatori della comunicazione minorati della vista, con gli interventi dei senatori Roilo(PD) e Carlino (IdV), entrambi favorevoli al provvedimento.

mercoledì 5 novembre 2008

Barack Obama, presidente

Dal crac di Wall Street al terrore dei risparmiatori, dalla crisi dell’economia reale e del sistema sanitario ai nodi scorsoi della politica internazionale: Obama è atteso da compiti durissimi. Ma una cosa è certa: governerà meglio di Bush
di Davide Orecchio

Barack Obama ha già cambiato l’America prima ancora di aver iniziato a governarla. È già nella storia prima ancora di averla scritta. La sua piattaforma programmatica è meno minuziosa di quella di Hillary Clinton (da lui sconfitta alle primarie democratiche), il suo curriculum politico è un cantiere con travi nude e calcestruzzo ancora fresco (mentre quello di McCain contiene più reperti del British Museum). Ma tutto ciò non ha importanza per gli americani che, evidentemente, piuttosto che un curriculum hanno scelto un colore, una voce, l’unico carisma in campo.
Consegnando al senatore afroamericano la guida del Paese, la democrazia e l’economia sino ad oggi più potente del nostro pianeta chiude i conti col passato e lo trasforma in futuro. Entra alla Casa Bianca l’erede spirituale e politico di Martin Luther King, dei segregati coloured del Novecento, degli schiavi nei campi di cotone dell’Ottocento, dei milioni di uomini liberi strappati alle loro terre d’Africa dal Seicento in avanti. E così si chiude un cerchio. La potenza economica degli Stati Uniti (e prima di loro di altre potenze del sistema mondo occidentale, come Gran Bretagna e Olanda) non sarebbe mai diventata quello che è oggi senza l’apporto dei neri afroamericani. E lo stesso debito vale per il sistema democratico che tutto il mondo invidia agli States, visto che non esiste democrazia evoluta senza un’economia evoluta. Adesso che Obama è diventato il 44mo presidente degli Stati Uniti, il debito è pagato, e per questo la storia è scritta prima ancora d’essere fatta.

In questo senso, Obama è un predestinato. L’orgoglio razziale, anzi il senso d’appartenenza a un popolo, si diluiscono però nel Dna meticcio di un figlio del mondo. La negritudine sbiadisce nel cosmopolitismo, ed è forse questa identità molteplice del candidato la chiave della sua vittoria. Anche questo, insieme all’esaustione politica e sociale dopo otto anni di Bush, spiega il dato eclatante delle affluenze al voto (oltre 131 milioni di persone, oltre il 64% degli aventi diritto, di cui secondo la Fox 61 milioni hanno scelto il senatore dell’Illinois). Un sondaggio della Cnn dice che il 66% dei giovani tra i 18 e i 29 anni ha optato per Obama: chiaro segnale che l’America – come sempre – ha voglia di futuro. E che futuro poteva prometterle John McCain?

Gli Usa, però, si aspettano molto dal loro prossimo presidente. Qualche giorno fa, nel suo endorsement per Obama, il settimanale britannico The Economist elencava tutti i compiti durissimi che l’attendono: “Rimettere in piedi l’economia dell’America e la sua reputazione internazionale. La crisi finanziaria è lontana dall’essere conclusa. Gli Stati Uniti sono al principio di una recessione dolorosa. (...) Cinquanta milioni di americani hanno una copertura sanitaria ridicola. All’estero, sebbene i soldati stiamo morendo in due paesi, il modo torpido in cui George W. Bush ha condotto la sua guerra al terrore ha fatto dell’America un paese assai meno temuto dai suoi nemici e assai meno ammirato dai suoi alleati di quanto non fosse un tempo”.

Dal crac di Wall Street al terrore dei risparmiatori, dalla crisi dell’economia reale che brucia posti di lavoro e salari all’insolvenza manifesta del welfare e del sistema sanitario americano, per chiudere coi nodi scorsoi della politica internazionale: c’è proprio da fare gli auguri a Mr. Obama per i mesi e gli anni che lo attendono. Nessuno sa se si dimostrerà all’altezza, ma una cosa è certa: governerà meglio di Bush, e questo è già molto.

Il mondo intero in queste ore acclama il nuovo presidente nordamericano, e molti di noi lo festeggiano come se fosse il nostro nuovo leader. Ma Obama, sicuramente al principio e probabilmente per tutto il prosieguo del suo mandato, penserà soprattutto al proprio Paese e al suo popolo. Proprio per i motivi che abbiamo elencato sopra, sarà un presidente degli americani molto più di quanto non lo sia stato Bush. Forte di un Congresso saldamente democratico, riformerà le politiche sociali ed economiche. Come ha spiegato Francis Fukuyama in un’intervista al Corriere della Sera, il nuovo presidente “ridefinirà la politica americana, inaugurando una nuova era. Nei primi 100 giorni potrebbe varare un programma simile al New Deal di Roosevelt. Siamo alla vigilia di una svolta storica ed epocale che porterà ad un grande riallineamento della politica americana nelle prossime generazioni”. E gli Stati Uniti si incammineranno “verso un'economia più ‘socialista’ in senso europeo, dove l'intervento dello stato sarà preponderante rispetto al passato”.

Sul piano della politica internazionale, invece, leader di un nazione in declino egemonico, il cui debito pubblico è posseduto in gran parte dalla Cina, Obama è di nuovo l’uomo giusto al posto giusto. All’America adesso servono dialogo e diplomazia. La diplomazia è l’arma con cui si vince in un mondo multipolare. Esercito e bombe sono gli strumenti d’affermazione di un impero: ma gli Stati Uniti non sono più un impero. Lo dimostra il fatto che l’esercito e le bombe di Bush non hanno fatto vincere la politica estera di Bush. Leader di un paese a corto di pallottole, Obama potrà attingere alle idee e alle speranze che ha saputo coltivare così bene finora.

E si riveleranno forse profetiche, nei prossimi anni, le parole spese da Nelson Mandela nelle sue felicitazioni odierne: 'Applaudiamo il tuo impegno per la pace e la sicurezza nel mondo, e siamo certi che uno degli obiettivi principali della tua presidenza sarà di combattere la povertà e le malattie in tutto il mondo' 'La tua vittoria – ha scritto l’ex capo di stato sudafricano al nuovo presidente degli States - dimostra che nessuno deve abbandonare il sogno di tentare di fare di questo mondo un mondo migliore”.

lunedì 3 novembre 2008

'Italia è in recessione

La Commissione europea rivede al ribasso le stime per il nostro paese. Crescita zero nel 2009. Leggera ripresa nel 2010, e deficit in crescita

“L'Italia è entrata in una recessione tecnica che le farà chiudere l'anno con una crescita zero”. A dirlo sono le nuove stime della Commissione europea, che nelle sue 'Previsioni d'autunno' diffuse oggi prevede per il nostro paese “un'ulteriore perdita di competitività”. La stagnazione durerà anche nel 2009, mentre una leggera ripresa è prevista nel 2010 con un pil allo 0,6 per cento.

Il deficit italiano nel 2008 tornera' a salire al 2,5% del pil, dopo l'1,6% del 2007. Il trend negativo proseguira' anche nel 2009, anno per il quale la Commissione prevede il 2,6%. Il disavanzo dovrebbe calare solo nel 2010, arrivando in quella data al 2,1%.

Calano le stime anche sul Pil di Eurolandia, che nel 2009 si attesterà allo 0,1%, "vicino alla stagnazione", contro la precedente previsione dell'1,5%.
03/11/2008 11:35