domenica 7 dicembre 2008

Giornali di partito, licenza di sperpero

Il nuovo regolamento di Bonaiuti recupera il regime speciale che esonera la stampa di partito dall’obbligo di certificare le vendite e la favorisce con finanziamenti sopra la norma. L’editoria cooperativa, invece, resta tagliata fuori
Editoria, tornano i tagli e svanisce il rigore. È questo l’approdo che si va profilando da una parte con il rifiuto del governo di reintegrare nella legge finanziaria il fondo dei contributi per l’editoria cooperativa falcidiato dal decreto Tremonti dello scorso giugno, e dall’altra con il nuovo testo del Regolamento per l’erogazione dei contributi stessi predisposto dal sottosegretario Bonaiuti che cancella tutte le misure di bonifica del settore introdotte nel primo testo, che non a caso aveva ricevuto l’apprezzamento di tutti noi che da anni chiediamo certezze, equità e pulizia.

La questione del ripristino dei fondi, riproposta in questi giorni al Senato, dopo la bocciatura della Camera, da parlamentari degli opposti schieramenti, non è ancora chiusa anche se nulla autorizza all’ottimismo. Ma, paradossalmente, rischia di passare in secondo ordine davanti al colpo di mano proditoriamente compiuto sul Regolamento, stravolto tra la prima e la seconda stesura per la mobilitazione di interessi evidentemente tanto forti da poter dettare le loro regole allo stesso governo.

Cominciamo dal punto che più ci dà sofferenza, quello che riguarda i giornali dei partiti politici. Noi abbiamo sempre sostenuto, e continuiamo a farlo, che non debbano trovare sponda le posizioni di coloro che li vorrebbero inseriti in una categoria a parte, come paragrafo del più ampio capitolo del finanziamento della politica. Non deve essere così, diciamo noi; si tratta di giornali, alcuni di grande tradizione, che sono parte di quel pluralismo vitale della stampa italiana composto da mille voci, tutte da garantire in ragione dei principi sanciti dall’articolo 21 della Costituzione. Uguali diritti, uguale trattamento, nessun privilegio. Questo era stato alla fine sancito nella legge delega (che impone di varare un provvedimento attuativo che semplifichi il settore eliminando deroghe, eccezioni, regimi particolari), questo si trovava scritto nella prima versione del Regolamento, questo è scomparso nella versione ultima che ricostruisce per i giornali dei partiti (e ci si riferisce ai giornali dei partiti esistenti al 31 dicembre del 2005) un regime speciale che li esonera dall’obbligo di certificare le vendite (basta la tiratura), li autorizza a costituire cooperative diverse da quelle giornalistiche a cui (e giustamente) sono tenuti gli altri giornali che beneficiano dei contributi diretti, li favorisce con finanziamenti che, a parità di condizioni, sono superiori di circa 500 mila euro (secondo calcoli Mediacoop) rispetto a quelli percepiti da tutti gli altri.
Nel nuovo Regolamento, targato Bonaiuti, scopriamo poi che resta abolito il tetto della pubblicità (chi se ne giova?), chiara premessa e alibi allo smantellamento prossimo dell’intero sistema delle provvidenze pubbliche; notiamo che restano confuse le condizioni di accesso ai contributi indiretti, come i rimborsi postali, poiché si pongono limiti di compatibilità finanziaria superati i quali non si sa cosa succeda; ci accorgiamo che non si costituisce nessuno sbarramento al beneficio dei contributi con misure che – come propone da tempo Mediacoop - ne leghino il diritto a parametri quali il numero dei giornalisti occupati (se ne prevedono cinque, sufficienti forse per un mensile, certo non per un quotidiano) tenendo fuori fogli e volantini pieni di soldi e privi di lettori.

Di Tarcisio Tarquini

Tratto da Rassegna

1 commento:

Gianfranco Leonelli ha detto...

Credo che questo sia un argomento molto delicato che riguarda la vita di giornali che hanno consentito l'esistenza di una stampa libera dai condizionamenti dei poteri forti. Per cui, ritengo, che vada scongiurata la possibilità che si butti via l'acqua sporca con il bambino dentro. Infatti è fondamentale garantire, innanzitutto, l'esistenza della libertà di stampa.